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Pubblicato da La gioia della preghiera

 

 Preghiera a San Cesidio Giacomantonio da Fossa 

 

O Padre, gloria dei santi e premio dei giusti,
che hai gradito come profumo d’incenso
la testimonianza del santo martire Cesidio da Fossa,
arso dal vivo fuoco dell’amore
per i fratelli che gli avevi affidato,
concedi alla tua Chiesa
di essere sempre al servizio della verità
per la salvezza degli uomini.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

 

 

VITA DEL SANTO

 

Angelo Giacomantonio, questo il nome con il quale San Cesidio fu battezzato il giorno stesso della sua nascita, nacque a Fossa da Giacomo e Maria Loreta Antonucci il 30 agosto 1873. Quarto di sette figli (Donata, Francesco, Sabatino, Domenica, che sarà suor Cesidia, Bernardino ed Antonio), Angelo fu educato nel rispetto dei sentimenti umani e religiosi e nella fedeltà ai propri doveri cristiani. Sentimenti che trovano la loro espressione non soltanto nella frequenza alla liturgia domenicale, ma anche nella partecipazione diretta e personale nella vita e nell’organizzazione parrocchiale. E fu proprio tale dedizione per la chiesa matrice, oltre che le frequenti visite al vicino convento francescano di Sant’Angelo, che portarono, gradualmente, Angelo a scegliere la vita religiosa nella sequela di San Francesco. Il 21 novembre 1891, nel silenzio mistico della chiesetta conventuale di San Giuliano, Angelo vestiva il saio francescano, prendendo il nome di fra Cesidio. Il nome di Cesidio fu scelto dallo stesso Angelo, il quale pregò il padre Provinciale di lasciargli almeno il suo secondo nome. Compiuto lodevolmente l’anno di noviziato all’insegna dell’obbedienza, dello studio e della preghiera (così scrisse nei suoi diari il giovane fra Cesidio), fu ammesso al corso di studi filosofici e teologici in preparazione al sacerdozio. Dal 1892 al 1897 continua a dimorare in San Giuliano, nel clima d’autentica spiritualità francescana risalente al suo fondatore San Giovanni da Capestrano, autentica guida della comunità aquilana, e nel ricordo di tanti santi abitatori del convento, fra i quali i beati Bernardino da Fossa, Vincenzo dell’Aquila, Timoteo da Monticchio e tanti altri venerabili minoriti. Compiuto il corso teologico fu ammesso alla professione solenne l’8 dicembre 1985, al suddiaconato l’anno successivo, al diaconato nel 1896 e, finalmente, l’11 luglio 1897, ricevette la sacra unzione sacerdotale per mano dell’Arcivescovo Ordinario dell’Aquila Mons. Carrano. Fu subito destinato al convento di Capestrano dove rimase appena un anno perché già nel 1898 P. Cesidio fu trasferito al convento di S. Martino in Magliano dei Marsi, eletto a “Sacro Ritiro” dal Ministro Generale P. Venanzio da Celano. Fu proprio in San Martino che l’ardore missionario esplose quasi violentemente, tanto che il giovane P. Cesidio non seppe più resistervi e ne avanzò formale domanda al Ministro Provinciale del tempo, P. Nunzio Farina il quale tuttavia, in più di un’occasione rifiutò tale richiesta. Fu solo qualche anno più tardi che la Provvidenza gli offrì l’occasione immediata per realizzare senz’altri indugi la sua vocazione missionaria. Incontrò, infatti, un valoroso ed esperto missionario, il capestranese P. Luigi Sonsini tornato in patria dopo oltre trent’anni di missione in Cina per arruolare altri “soldati di Cristo e del Vangelo”. P. Sonsini seppe sollecitamente trattare e risolvere il caso presso il governo dell’Ordine e ben presto P. Cesidio ottenne la tanto desiderata Obbedienza del Ministro Generale: sarebbe stato Missionario in Cina. Lasciò l’Italia il 19 ottobre 1899, insieme ai due confratelli Bonaventura Schiavo da Sulmona e Gerolamo Costa da Viterbo, e approdò in Cina il 1 novembre dello stesso anno. Qui, dopo alcuni mesi d’istruzione di lingua e costumi cinesi, fu destinato a reggere la stazione missionaria in Tai-tung, nel Vicariato di Han-kow, nella regione dell’Hunan. Dalla corrispondenza di quei giorni con i familiari si intuisce che il cuore del giovane missionario bruciava d’ardore per la salvezza delle anime, di zelo per la gloria di Dio e, come lieto e pronto era stato a rispondere alla chiamata divina, così pieno d’entusiasmo si sentiva a dare anche la vita per Cristo e per il Vangelo, pronto anche al martirio, se così fosse stato nei disegni di Dio. Aveva un solo desiderio: evangelizzare, convertire, battezzare, portare anime a Dio! Frattanto, la situazione politica diventava, giornalmente, sempre più confusa, fragile l’ordine pubblico, in mano a governatori molto spesso corrotti o succubi delle prepotenze dei rivoluzionari. S’andava infatti rinfocolando un generalizzato sentimento xenofobo, alimentato dall’azione degli aderenti al movimento dei “Pugni Uniti” o “Boxers”, pronti e decisi ad espellere, anche a trucidare, gli stranieri, in particolare cristiani, sui quali facevano ricadere i malanni del momento: fame, siccità, inondazioni, malattie. Atto conclusivo ed esplosivo di questo diffuso animo avverso a stranieri e missionari, fu l’editto imperiale del 1 luglio secondo il quale bisognava colpire la Chiesa in quanto portatrice di novità aliene dallo spirito e dalla tradizione genuina cinese. Nell’Hunan tuttavia continuava a regnare una certa tranquillità. Ora, P. Cesidio decise di recarsi nella residenza episcopale di Hoaxa-xa-wan: era il 3 luglio 1900. A dir il vero i suoi cristiani l’avevano esortato a non mettersi in cammino perché correvano voci, circostanziate, di un’insurrezione anti-europea e anti-cristiana imminente, ma egli protestò che, alla fine, era pronto anche al martirio, e che Iddio gli avrebbe dato il coraggio e la grazia necessaria. Il 4 luglio, nelle prime ore del pomeriggio, la residenza missionaria dove P. Cesidio si trovava insieme al vecchio missionario P. Quirino Henfling, fu raggiunta e assalita dai Boxers i quali con ferocia inaudita e armati con bastoni, spade e pietre dapprima incendiarono la chiesa e poi colpirono i due frati. Alcuni cristiani presenti, con audace intervento, sottrassero alla morte P. Quirino, mentre il nostro P. Cesidio, ricordando l’Eucaristia, tentò di entrare in cappella per preservarla dalla profanazione. Gli assalitori, pensando che volesse fuggire, gli furono di nuovo addosso con lance, pietre e bastoni, lo trascinarono fuori la casa e, ancora in vita, avvoltolo in una coperta cosparsa di petrolio gli diedero fuoco. I cristiani presenti narrarono che il Martire stringeva al petto il Crocifisso e che “tre globi” o “tre nuvolette con al centro una candida figura umana” volteggiarono finchè nessun movimento emerse da quel corpo verginale.  San Cesidio Giacomantonio da Fossa prima di essere riconosciuto nel 2000, da Papa Giovanni XXIII, tra i sommi rappresentanti della cristianità moderna fu semplicemente un uomo come ognuno di noi. Il suo cammino è stato indubbiamente segnato da molteplici domande vissute certamente come profondi tormenti della coscienza alle quali con il suo spirito eletto ha dato un significato supremo. Infatti non quieto di aver dedicato la sua esistenza alla modestia della regola francescana partì giovanissimo in missione non solo per divulgare la parola di Cristo nella Cina del XIX secolo ma anche e soprattutto per prendersi cura di quelle popolazioni. Ma purtroppo li trovò una martirio terribile: bruciò vivo nella chiesa, attaccata a fuoco dagli abitanti, nell’estremo atto di salvare l’ Eucarestia. La piccola comunità di Fossa da sei anni ricorda la figura del suo Santo compaesano, in concomitanza con la data della sua morte avvenuta il 4 luglio del 1900, in una fiaccolata notturna che si estende dal convento di Sant’Angelo D’Ocre , in cui le sue reliquie sono custodite , fino alla Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta a Fossa con l’intenzione di volerne rievocare il martirio in un abbraccio finale che lo riaccompagni dolcemente fino al paese natio. Seppure l’arco temporale della santificazione è fin qui breve san Cesidio è molto amato ed il suo culto è particolarmente sentito non solo dall’ intera comunità fossolana ma anche da quanti hanno avuto modo di conoscere la sua vita e la sua missione. Infatti con la sua opera Egli non è solo un umile frate francescano partito da un piccolo borgo medievale per dedicare la sua seppur breve esistenza alla devozionevole cura dei più bisognosi : San Cesidio da Fossa è un icona dell’amore fraterno dell’uomo verso l’uomo senza barriere di lingua, status sociale, appartenenza territoriale o ideologica il cui messaggio non può e non deve andare dimenticato. Nell’Abruzzo delle montagne mistiche e meditative patria di eremi , abbazie e conventi , di piccole Chiese di campagna e soprattutto di quello stesso San Celestino V intrepido fautore di un antico messaggio di concordia e perdono tra gli uomini , secoli dopo rivive ancora , in questo piccolo centro urbano a pochi chilometri dall’ Aquila , grazie all’ opera di un suo umile figlio un insegnamento di pace , amore e fratellanza. A chi intenderà condividere il suo ricordo ed il suo messaggio distaccandosi per qualche ora dalla frenesia della vita moderna l’appuntamento viene rinnovato ogni primo sabato del mese di luglio a partire dalle ore 18.00 nel Convento di Sant’Angelo D’Ocre.

 

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