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Pubblicato da La gioia della preghiera

 

PREGHIERA PER AVERE PAZIENZA

 

O Signore, salvatore paziente,

tu accettasti come volontà del Padre

l’amaro calice della tua passione e della tua morte,

ascolta il mio lamento,

e il tuo esempio

mi aiuti a sopportare le mie sofferenze

per partecipare, almeno in parte, alla tua passione.

Fa che la pazienza

con la quale sopporterò i miei dolori

esprima la riconoscenza profonda

del mio amore per te,

tu che sei il Cristo crocifisso.

Donami pace e serenità,

donami pazienza e calma, frena il mio istinto,

Signore Gesù.

Io ti invoco in questo momento di povertà,

perchè desidero arrivare ad affrontare

ogni imprevisto, ogni difficoltà, ogni incontro

con grande serenità che solo da Te, Signore, può venire.

Tu sei il mare calmo nella tempesta,

Tu sei la roccia salda nel cataclisma,

Tu sei la vera pace.

Donami la Tua Pace.

Amen

 

NOVENA A SAN GIOBBE

(ripetere tutta la preghiera per 9 giorni di seguito)

inizia il 1 Maggio e termina il 9 Maggio

 

I. - O beatissimo Giobbe, per l'ammirabile conformità che in tutta la vostra vita aveste col Divin Salvatore, di cui foste profeta e una delle più espressive figure, degnatevi di ottenerci la grazia di poter anche noi ricopiar fedelmente Gesù, nostro modello, ed essere così nel numero dei predestinati alla gloria, riservata a quelli che saran trovati conformi all'immagine del Figliuolo di Dio.

Pater, Ave, Gloria.

 

II. - O beatissimo Giobbe, per l'ammirabile compassione, che con voi crebbe sin dall'infanzia per i poveri e per i tribulati, onde poteste gloriarvi di essere l'occhio del cieco, il piede dello zoppo, il padre dei poveri, il sostegno dei vacillanti, il consolatore degli afflitti, otteneteci la grazia di saper compatire e soccorrere i nostri prossimi nelle loro tribulazioni, e soprattutto di saper compatire le acerbe pene interiori di Gesù agonizzante e meritar così che anch'Egli ci consoli nelle nostre afflizioni e nelle nostre agonie.

Pater, Ave, Gloria.

 

 III. - O beatissimo Giobbe, per l'ammirabile fortezza d'animo, con cui sosteneste l'abbandono dei vostri amici, che non ebbero per voi una parola di consolazione e di conforto, ma scherni ed amari rimproveri, otteneteci, ve ne preghiamo, la grazia di sopportare da forti le pene che ci possono cagionare i nostri prossimi e famigliari, e di mantenerci sempre fedeli all'unico vero amico Gesù, che non abbandona mai i suoi amici, ma li consola nel tempo e li corona nella eternità. 

Pater, Ave, Gloria.

 

 IV. - O beatissimo Giobbe, per l'ammirabile esempio che lasciaste di eroico distacco da ogni bene di questa terra sostenendo in pace la perdita delle sostanze e le amare privazioni della più grande povertà, otteneteci la grazia di essere nel numero di quelle anime che il Divin Salvatore chiamò beate perchè, povere di spirito, soffrono in pace gli effetti della povertà o, abbandonando pure di beni, ne sono col cuore staccate, e si assicurano felicemente il regno dei cieli. 

Pater, Ave, Gloria.

 

 V. - O beatissimo Giobbe, per l'ammirabile pazienza con cui sosteneste le dure prove alle quali volle sottoporvi il Signore, e foste così degno di essere proposto quale modello a quanti soffrono in questa valle di lacrime, otteneteci ve ne scongiuriamo, la grazia di essere costantemente pazienti nelle tribulazioni della vita, e mantenere, a vostro esempio, sempre vivo in noi lo spirito di fede e di confidenza, di cui sentiamo tanto il bisogno di santificar le nostre pene ed onorare le agonie di Gesù, ripetendo in ogni evento la parola che Egli ci ha insegnato e che forma la scienza, la virtù, il tesoro dei suoi veri amanti: Fiat voluntas tua!

Pater, Ave, Gloria.

LA VITA DEL SANTO

 

E’ una figura molto nota nella Bibbia e nella tradizione cristiana come modello di santità e di pazienza. Egli “visse nel paese di Hus” (Giobbe 1,1), che moltissimi autori identificano con la regione posta tra l’Idumea e l’Arabia settentrionale. Tutto fa credere che non fosse ebreo, ma «retto, timorato di Dio» (1,1; 2,3). Era al colmo della ricchezza e della felicità quando improvvisamente fu colpito da una serie di disgrazie che lo privarono in breve tempo di ogni suo avere e perfino dei figli (1,13-19). Semplici le sue parole di rassegnazione davanti alla perdita delle cose e delle persone piú care: «Jahweh ha dato e Jahweh ha tolto: il nome di Jahweh sia benedetto» (1,21). Colpito da una malattia che lo riduce tutto una piaga, non perde la sua calma, neppure davanti allo scherno e alla derisione della moglie (2, 7-10). Cacciato di casa, è costretto a passare i suoi giorni in mezzo ad un letamaio. Qui lo trovano tre amici che, informati della sua disgrazia, sono accorsi a confortarlo. A questo punto il libro introduce un lunghissimo dialogo (3-41) che discute in forma alta mente poetica il problema dell’origine cioè del dolore nel mondo. La vita di Giobbe dopo la prova è compendiata dal libro sacro in pochissimi versetti (42, 11-17). Riebbe i suoi armenti, generò di nuovo sette figli e tre figlie, visse ancora altri 140 anni.

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