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Pubblicato da La gioia della preghiera

Preghiera a Sant’Angelo da Gerusalemme

 

O glorioso Sant’Angelo,

gemma preziosa della mistica vigna del Carmelo,

perfetto seguace del patriarca Elia, specchio di ogni eroica virtù,

per l’immenso amore che portasti a Dio e alle anime,

fino al martirio che sostenesti impavido,

qual novello Battista, a noi supplici riguarda

che attirasti dai tuoi esempi e confortati

dal tuo patrocinio a Te ci affidiamo.

Sostieni la nostra fede, rialza la nostra speranza ed infiammaci

del desiderio di copiare le tue virtù al fine di dare gloria a Dio,

che aspiriamo di possedere un giorno con Te in Paradiso.

Ricordati, o potente avvocato, della Tua Licata e di tutti i licatesi che,

in Patria e per il mondo sparsi,

a Te sempre guardano come a una torre di fortezza.

Continua a proteggerli da ogni flagello e ad implorare su tutti i Tuoi devoti

la gioia salutare della misericordia divina. Amen

 

 

VITA DEL SANTO

 

Angelo nacque a Gerusalemme il 2 marzo del 1185 da Jesse e Maria, genitori ebrei convertiti al cristianesimo in seguito all’apparizione della SS.ma Vergine che predisse loro la nascita di due figli gemelli.  Alla morte dei genitori, rimasti orfani, i fratelli Angelo e Giovanni, presi in custodia dal Patriarca Nicodemo, furono educati sino all’età di 18 anni. Sotto la sua guida, furono eccellenti nella virtù e negli studi. Quindi, chiesero di essere accolti fra i Carmelitani nel convento di Sant’Anna, presso la Porta Aurea in Gerusalemme. Superato l’anno di prova, andarono al convento sul monte Carmelo ove vissero in duro ascetismo in digiuni, preghiere e penitenze. Fin dal tempo dei Filistei il monte Carmelo fu luogo di sosta di asceti. Dopo la morte di Gesù, su questo monte si ritirarono alcuni cristiani per attuare i suggerimenti evangelici. Fu la culla dell’antico Ordine monastico contemplativo d’origine orientale che prese il nome proprio dal monte: l’Ordine dei Carmelitani. Alcuni eremiti sul monte Carmelo edificarono il primo tempio dedicato alla Vergine che, per questo motivo, si chiamò Madonna del Carmelo o Madonna del Carmine.

 Il monte Carmelo, in aramaico “Karmel” “giardino, paradiso di Dio”, è un rilievo montuoso calcareo alto 528 metri che si trova nella sezione nord-occidentale di Israele, nell’Alta Galilea. Si estende da SE a NW tra la piana di Esdraelon e quella di Sharon giungendo fino al mar Mediterraneo e articolando la costa nell’omonimo capo ai piedi del quale sorge la città di Haifa. Possiede una vegetazione bella e rigogliosa. E’ ricoperto di boschi, uliveti, vigneti. E’ citato più volte nell’Antico Testamento, in connessione con la vita del profeta Isaia (III Re 18,19 ss) e di Eliseo (IV Re 2,25), rispettato, per questo motivo, dagli israeliti, dai cristiani, e da musulmani. 

 Angelo fu ordinato sacerdote nel convento del Carmelo nel 1210, all’età di 25 anni. Angelo, venuto dalla Terra Santa, giunse in Occidente, dopo aver separato le acque del Giordano attraversandolo a piedi asciutti e dopo essersi recato ad Alessandria d’Egitto. Attraverso il Mediterraneo giunse a Messina, poi a Civitavecchia, per consegnare alcune reliquie che il Patriarca inviava a Federico di Chiaramonte, suo fratello, che si trovava a Civitavecchia. Presto Angelo cominciò a predicare e ad imitare la potenza taumaturgica dei suoi padri Elia e Eliseo compiendo i primi miracoli.

Nel 1214 Alberto di Gerusalemme compose la nuova regola, adottata dall’ordine dei carmelitani, che la trasformava da contemplativa a mendicante. Nel 1218 ad Angelo fu data la missione di recarsi a Roma per sottoporre la nuova regola a Papa Onorio III e che fu approvata nel 1226. A Roma Angelo incontrò San Domenico Guzman e San Francesco d’Assisi che gli profetizzò il suo martirio. Angelo fu inviato a predicare anche in Campania, in Puglia e in molti altri luoghi. Istituì diversi conventi, che avrebbero accolto i Carmelitani disturbati sul monte Carmelo dalla presenza delle Crociate. Dopo una breve permanenza a Roma, dove svolse intensa attività di predicatore, fu inviato in Sicilia quale capo di coloro che dal Monte Carmelo per la prima volta si portarono in Sicilia. Predicò in diversi paesi: a Cefalà Diana, a Caltabellotta, a Sant’Angelo Muxaro, a Palermo, ad Agrigento. Infine giunse a Licata. Predicava per combattere l’eresia catara. I Catari professavano una dottrina dualista nella quale Dio e il Demonio avevano pari dignità. Predicavano un’assoluta purezza di vita e rifiutavano i sacramenti tranne il “consolamentum“, una specie di battesimo per gli adulti, che permetteva di liberarsi dal peccato all’avvicinarsi della morte. Si definirono “Uomini Puri”. Per i Catari ogni Uomo doveva liberare il suo animo dal potere del male che governava il mondo terreno. Secondo loro la Chiesa, avendo accettato il potere e le ricchezze, aveva scelto il male e quindi non offriva alcun aiuto per la purificazione. La salvezza poteva venire solo dalla nuova chiesa dei Catari che si erano proposti come l’autentica Chiesa di Cristo, quella degli apostoli. Quindi si caratterizzarono per un radicale anticlericalismo che rimetteva in discussione l’esistenza del personale e delle strutture ecclesiastiche. Dopo il Concilio cataro di Saint Felix de Caravan del 1167, la chiesa cattolica cominciò ad avvertire la pericolosità dei Catari. Allora assunse verso di loro un atteggiamento estremamente duro. Papa Alessandro III li condannò come eretici, condanna che fu confermata in seguito da Innocenzo III e da Onorio III. Giunto a Licata, Angelo andò ad abitare in una casa di via Sant’Andrea, probabilmente ospitato dall’Arcivescovo Goffredo. Angelo, per i licatesi, fu un forestiero arrivato da lontano. Ai tempi in cui vi giunse Angelo, Licata era un paese rinchiuso tra le mura per difendersi dagli assalti dei pirati. Il popolo licatese venerava come Patroni i Santi Apostoli Filippo e Giacomo, in onore dei quali era stata costruita una piccola chiesa non lontana dalle rive del fiume Salso. In questa chiesa Angelo officiava e predicava. A Licata conobbe Berengario La Pulcella. Nella piccola piazza, all’incrocio tra la via Giosuè Carducci e la via Rizzo, in una parete di un edificio, è fissato il quadro di maiolica raffigurante Sant’Angelo che discute con un nobile cavaliere che ha la spada al suo fianco.  In questa piazzetta Angelo incontrò per la prima volta Berengario. Berengario era un signorotto del luogo, di origine normanna, che, oltre ad essere un caparbio cataro, da dodici anni, con indicibile scandalo del popolo, viveva una vita incestuosa con la sorella Margherita dalla quale aveva avuto tre figli. Non erano riusciti a fargli cambiare vita le potenti voci dei ministri di Dio, né quelle di altre autorevoli persone perché, come ammetteva pubblicamente, non commetteva nessuna colpa a convivere con la sorella. Toccò ad Angelo porre fine a questo scandalo pagando con la sua vita! Tante volte Angelo aveva parlato paternamente con Berengario. Angelo, che disapprovava questa condotta, mediante le sue prediche sul peccato, convinse almeno la donna a ravvedersi, a porre fine a questa sua colpa e a dare inizio all’opera ardua, ma non impossibile, della propria redenzione. Margherita gridò il suo pentimento davanti al santo predicatore e alla moltitudine di persone presenti in chiesa. Berengario, molto arrabbiato, progettò l’orrenda idea di vendicarsi. Pensava: ” Tolto che avrò di mezzo questo noioso predicatore che non bada ai casi suoi, io potrò riprendere tranquillamente la mia vita di galantuomo”. Angelo, con le sue fervidissime prediche, nella chiesa dei santi Apostoli Filippo e Giacomo intratteneva la folla che pendeva dalle sue labbra. Nessuno poteva trattenere le lacrime, di dolore o di gioia, non essendo stato mai ascoltato un predicatore così capace e convincente come Angelo. Fortunati quelli che hanno potuto ascoltare le sue omelie! All’improvviso ecco lo scompiglio nell’uditorio: Berengario, munito di ben affilata arma luccicante ai raggi del sole ed accompagnato da ribaldi suoi pari, si fece largo prepotentemente tra la devota folla e, con un balzo felino, salì sul pulpito, posto fuori della chiesa perché essendo molto piccola, non poteva accogliere la moltitudine di persone che accorreva per ascoltare la Parola di Dio da Lui annunciata. Raggiunto Angelo, il predicatore, Berengario, sotto gli occhi della popolazione esterefatta, alzò il sacrilego braccio e vibrò ben cinque mortali colpi su quelle verginali carni innocenti. Unanime fu il grido di orrore e di disprezzo dei presenti. Berengario gridò che anche Margherita sarebbe stata uccisa. Sorella morte raggiunse Angelo, che colse la palma del martirio, il 5 maggio del 1220. Morì dissanguato per le ferite riportate per la violenta aggressione. Prima di morire gridò al popolo di correre alla casa di Margherita per avvertirla dell’ira sanguinaria del fratello e chiese ai fedeli di Licata di non vendicare, ma di perdonare il suo assassino. Angelo fu sepolto nella chiesa dei SS.mi Apostoli Filippo e Giacomo, dove fu ucciso, per ordine dell’Arcivescovo Goffredo, perché questa era la sua volontà manifestatagli durante un’apparizione in casa sua. La cerimonia del seppellimento ebbe luogo il 13 maggio. Il luogo dove fu martirizzato divenne presto meta di pellegrinaggi dei devoti.  Berengario pose fine alle sue scelleratezze e ai suoi infelici giorni impiccandosi nella sua stessa casa, una ricca dimora dalla sagoma monumentale con la facciata principale sulla piazza della chiesa del santo, oggi piazza Sant’Angelo. Lateralmente c’è un vicolo cieco detto cortile Berengario.

 

 

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