4 Aprile : San Platone - vita
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VITA DEL SANTO
San Platone fu nel Medioevo uno dei monaci che diedero maggior lustro al Monte Olimpo, presso Brussa, ma fu anche perseguitato per la sua ortodossia in materia di fede e per la sua fedeltà alle norme ecclesiastiche. Nato a Costantinopoli verso il 740 da una ricca e celebre famiglia, rimase orfano a soli sette anni in seguito ad un’epidemia di peste. Fu allora educato da uno zio, tesoriere-pagatore imperiale, grazie al quale acquisì un’eccellente formazione intellettuale e religiosa. Raggiunta l’età adulta, Platune vendette tutti i suoi beni distribuendo ai poveri il ricavato, per poi dirigersi verso il Monte Olimpo e farsi monaco nel convento dei Simboli, del quale divenne anche egumeno.
I parenti non avevano piò avuto sue notizie e lo credevano ormai morto, ma verso l’anno 780 ricomparve inaspettatamente a Costantinopoli ove fu accolto dal nipote San Teodoro Studita, figlio di sua sorella Teoctista. Il suo aspetto ascetico emanò una potente forza di attrazione verso tutti coloro che incontrava e parecchie furono le conversioni ad una vita cristiana. L’intera sua famiglia abbracciò la vita monastica, in primis i genitori Fotino e Teoctista. Platone divenne anche consigliere del nipote San Teodoro e sotto la loro guida i monaci presero a dedicare allo studio delle Scienze tutto il tempo libero. La vita monastica fu riformata secondo i principi di San Basilio, improntata ad una maggiore sobrietà, e questa riforma fu adottata anche da numerosi monasteri vicini. Viste le peculiari qualità di Teodoro, tra il 787 ed il 788 Platone volle fargli conferire l’ordinazione presbiterale dal patriarca Tarasio e dal 794, per l’aggravarsi della sua salute, all’unanimità lo fece eleggere nuovo egumeno.
L’anno seguente si affacciò però un nuovo problema nella cristianità bizantina: il giovane imperatore Costantino VI, figlio di Irene, ripudiò con falsi pretesti la sua moglie legittima Maria d’Armenia per convolare a nozze con Teodota, dama d’onore di sua madre, parente prossima di Platone e Teodoro. Il patriarca Tarasio rifiutò fermamente di sciogliere senza valido motivo il matrimonio dell’imperatore, ma questi minacciò una nuova persecuzione iconoclasta. Un sacerdote benedisse di sua iniziativa il secondo matrimonio ed il patriarca non osò opporsi, ma una restistenza giunse comunque da Platone e Teodoro, parenti dell’imperatrice adultera. Costantino VI allora li fece imprigionare, il monastero di Saccoudion fu saccheggiato e la comunità religiosa sciolta. Pochi mesi dopo una congiura di palazzo detronizzò l’imperatore, Platone e Teodoro furono liberati ed Irene fece accecare l’augusto figlio causandone in breve tempo la morte.
I monaci poterono tornare a Saccoudion, ma un’invasione araba ben presto li cotrinse a trovare rifugio nella capitale. Qui l’imperatrice Irene donò loro il vecchio monastero fondato nel 462 dal senatore Studius e devastato dalla recente persecuzione iconoclasta. San Teodoro, detto poi “Studita”, ne divenne egumeno e con la collaborazione di Platone fece dei ruderi ricevuti in dono un grande centro al tempo stesso religioso e culturale. I due si dedicarono anche in prima persona all’attività di copiatura di manoscritti.
La vita della comunità era però destinata a subire nuovi traumi: nell’806 alla morte di Tarasio, l’imperatore Niceforo volle imporre un suo candidato alla successione della carica patriarcale e fece riabilitare il prete Giuseppe. Queste ad altre sue discutibili iniziative in ambito ecclesiastico fecero insorgere Platone e Teodoro, che due anni dopo furono imprigionati e poi esiliati. Dopo tre anni di dura sopravvivenza, nell’811 l’imperatore morì in battaglia e Platone poté tornare a Studion, ove morì il 4 aprile 814 all’età di circa sessantacinque anni. Poco dopo si scatenò per mano dell’imperatore Leone V l’Armeno una nuova persecuzione iconoclasta di cui rimasero vittime San Teodoro e numerosi suoi monaci.
Autore: Fabio Arduino