30 Marzo : Sant'Amedeo di Savoia
Preghiera*
ti eleviamo a nostra guida per raggiungere il porto sicuro della Salvezza in Cielo!
Nostro amato, prega per tutti noi che fiduciosi ci abbandoniamo alla tua buona e fervente preghiera. La tua preghiera e quella dei Santi per noi, possano giungere al trono di Dio come incenso a Lui gradito!
Beato Amedeo,
guidaci, confortaci, ascoltaci e intercedi per noi che ancora dobbiamo compiere il sentiero della vita.
Possa il tuo esempio di vita e il tuo consiglio illuminarci finché le stelle non cadranno dal cielo!
Così sia!
*inviata da un nostro amico tramite posta elettronica e che ringraziamo
VITA DEL SANTO
Amedeo è il patrono della “val chisone”, in provincia di Torino. Il 30 marzo si ricorda il dies natalis del Beato Amedeo IX, duca di Savoia e uomo di Dio. Nacque il 1° febbraio del 1435 nel castello di Thonon-les-Bains in Alta Savoia, sulle rive del lago di Ginevra. Sua madre era Anna di Lusingano e suo padre il duca Ludovico I di Savoia. Nel 1452 si sposò con Jolanda di Valois, figlia di re Carlo VII di Francia. Il loro fu un matrimonio combinato fin dalla più tenera età; eppure, nonostante le ragioni di Stato la loro unione fu formidabile e riuscitissima, cementata sulla fede in Cristo. Ad Amedeo IX venne assegnato il governatorato del Piemonte, con il disaccordo del fratello Filippo che lo avrebbe attaccato se Ludovico di Savoia non avesse arrestato il figlio. Gli sposi andarono a vivere nel bresciano ed ebbero otto figli: Anna, Carlo (Principe di Piemonte), Filippo I , Bernardo, Carlo I, Giacomo Luigi (conte di Ginevra e di Gex), Maria (contessa di Neuchàtel), Ludovica (morta in concetto di santità), Gian Claudio. Jolanda fu un’ottima consorte per Amedeo IX, infatti alleviò molto il marito nei compiti di governo, in quanto il duce soffriva di crisi epilettiche, una patologia che accettò sempre con grande rassegnazione, in quanto la considerava un mezzo per essere più vicino alle sofferenze di Cristo. Amedeo venne più volte attaccato dai suoi stessi parenti perché considerato inadatto al governo; ma la sua magnanimità e la sua benevolenza ebbero la meglio. Nel 1459, durante il Concilio di Mantova aperto da papa Pio II, Amedeo IX fu fautore di una crociata indetta per liberare Costantinopoli dai turchi e in difesa del Peloponneso. Per tale ragione, con grande determinazione e conscio di realizzare un’impresa votata alla causa religiosa, il duca reclutò uomini, denari ed armi. Nel 1464, alla morte del padre Ludovico, Amedeo ereditò il ducato di Savoia e con esso la posizione da tenere nella guerra stabilitasi fra Luigi XI e Carlo il Temerario. L’appoggio di Amedeo e di Jolanda andò al re di Francia, il quale, come risposta dell’alleanza, diede il suo sostegno contro Guglielmo VIII di Monferrato e Giangaleazzo Sforza, nemici dei duchi di Savoia. Seppe amministrare con acume lo Stato, si conquistò la stima e la simpatia dei sudditi anche per il suo amore ai poveri che si concretizzava in aiuti cospicui e generosi. Si racconta che un giorno un ambasciatore gli domando se possedesse cani da caccia, allora il beato Amedeo mostrò una tavola imbandita sul terrazzo che si trovava fuori dal suo palazzo, attorno alla quale sedevano un gran numero poveri e mendicanti, e disse: «Queste sono le mie mute ed i miei cani da caccia. È con l’aiuto di questa povera gente che inseguo la virtù e vado a caccia del regno dei cieli». Uomo dalla vita morigerata e austera, non lesinava in penitenze e digiuni, eresse chiese e monasteri, donò beni preziosi alla cattedrale di Vercelli e, quando la sua malattia non gli permise più di governare, lasciò la mansione alla moglie, poiché i suoi figli erano ancora troppo giovani. Tuttavia la corte si ribellò alleandosi con i fratelli di Amedeo e venne imprigionato, finché Luigi XI lo liberò, ristabilendo l’ordine. Stremato dall’epilessia, Amedeo, che visse in pienezza tutte le virtù in grado eroico, consegnò a Jolanda, ai figli e ai suoi ministri il suo testamento spirituale: «Siate retti. Amate i poveri e Dio vi garantirà la pace». Morì a Vercelli il 30 marzo 1472. Le sue spoglie riposano oggi nella cattedrale di Vercelli sopra l’altare della cappella di destra, di fronte a quella di sant’Eusebio, evangelizzatore e patrono del Piemonte. Il processo di canonizzazione, apertosi poco dopo la sua morte, che fu seguita da un florilegio di miracoli, si chiuse soltanto il 3 marzo 1677 con papa Innocenzo XI, che fissò la festa del Beato il 30 marzo. La sua memoria si conserva a Vercelli, a Pinerolo, a Torino e precisamente nel Duomo della città, nelle chiese della Madonna del Carmine (dove è contitolare), di San Filippo, della Gran Madre, nel santuario di Maria Ausiliatrice e nella sabauda basilica di Superga.